Dopo anni di fallimenti qualcosa comincia a muoversi. Dopo il primo trattamento approvato, altre due molecole in sperimentazione promettono di cambiare la storia della cura della MASH
Bloccare l'infiammazione al fegato per ridurre il rischio di cirrosi e carcinoma epatocellulare. Per anni il trattamento delle forme avanzate di "fegato grasso" (una condizione chiamata in passato NASH e ora MASH) è rimasto un'utopia. Una situazione di impotenza che nell'ultimo anno è stata sbloccata dall'arrivo di nuovi potenziali farmaci in grado di cambiare il corso della malattia. Dopo resmetirom, il primo farmaco efficace ed approvato per questa condizione, al congresso dell'European Society of Liver Disease (EASL) sono stati presentati incoraggianti risultati su due nuove molecole (survodutide e pemvidutide) che presto potrebbero aggiungersi alla lista dei trattamenti per la MASH.
FEGATO GRASSO E MASH
Gli addetti ai lavori la chiamano steatoepatite. Nel parlare comune si dice "fegato grasso". Di cosa si tratta è semplice: complice lo stile di vita sedentario -ed in particolare la scorretta alimentazione- i grassi non si accumulano solo sulla "pancia" ma anche all'interno degli organi ed in particolare del fegato. Questo eccessivo accumulo di lipidi a livello epatico può, nel tempo, infiammare il fegato portandolo nei casi più gravi a sviluppare cirrosi, insufficienza epatica e tumore. Questa situazione è particolarmente associata a disfunzioni metaboliche come obesità, diabete di tipo 2 e insulino-resistenza. Da qualche tempo a questa parte gli epatologi hanno dato un nome ben preciso a questa condizione infiammatoria: MASH, acronimo di Metabolic Dysfunction-Associated Steatohepatitis. Una nuova definizione che sostituisce NASH (Non-Alcoholic Steatohepatitis) introdotta per meglio riflettere la natura metabolica della malattia e per ridurre lo stigma associato alla denominazione "non-alcoholic".
L'ASSENZA DI TERAPIE
Per decenni tutti i tentativi di sviluppare farmaci contro la MASH sono falliti. Una situazione di totale frustrazione ben riassunta sarcasticamente con una battuta molto diffusa tra gli addetti ai lavori: il miglior farmaco per la NASH è il placebo. Una situazione che si è sbloccata solo negli ultimi tempi grazie allo sviluppo di molecole capaci di agire direttamente sui meccanismi di accumulo del grasso.
I NUOVI FARMACI
Ad oggi il primo e unico farmaco approvato per la MASH è resmetirom. La molecola in questione, agendo sul recettore degli ormoni tiroidei beta (THR-β). si è dimostrato utile nel ridurre l'accumulo di grasso nel fegato migliorando il metabolismo lipidico. Negli studi che hanno portato alla sua approvazione il farmaco è stato in grado di spegnere l'infiammazione senza far progredire la fibrosi, principale caratteristica del danno epatico. Gli altri due farmaci in fase di sperimentazione sono survodutide e pemvidutide, entrambe molecole capaci di agire sui recettori glucagonici e GLP-1 riducendo così l'accumulo di grasso a livello del fegato.
I RISULTATI
Ad EASL sono stati presentati due studi proprio sulle molecole in questione. Nel caso di survodutide è emerso che la molecola è stata in grado di migliorare sensibilimente la fibrosi epatica. Un risultato importante, pubblicato contemporaneamente sulle pagine del New England Journal of Medicine, che segue quello ottenuto nei mesi scorsi sulla capacità della molecola di migliorare significativamente la MASH. Nel caso del pemvidutide i risultati presentati al congresso hanno evidenziato miglioramenti significativi nei test non invasivi e nei marcatori di infiammazione epatica. Pemvidutide ha mostrato inoltre una riduzione del rischio di progressione della MASH in una considerevole percentuale di pazienti. Risultati importanti che indicano chiaramente come oggi la MASH non sia più una condizione impossibile da trattare. A queste molecole andranno poi probabilmente aggiunte quelle oggi in sperimentazione nei pazienti obesi: diversi studi indicano chiaramente che farmaci come liraglutide, semaglutide e tirzepatide -tutti diretti contro i recettori GLP-1- possono contribuire a migliorare questa condizione.
Fonte: fondazioneveronesi.it