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Fegato grasso, in Italia ne soffrono oltre 20 milioni

 

E' italiano il primo studio clinico controllato sulla silibina

Roma, 23 apr. (Apcom) - Steatosi epatica, ovvero fegato grasso: ne soffrono oltre 20 milioni di italiani. In particolare, il 20% dei bambini in sovrappeso, il 25% della popolazione adulta normale, il 40-100% dei pazienti con diabete di tipo II, il 20-80% dei dislipidemici e il 30-70% dei pazienti affetti da epatite da Hcv (virus dell'epatite C). Per arginare questa vera e propria emergenza è stata testata da un team italiano per la prima volta su 181 pazienti la silibina, veicolata in una nuova forma (fitosoma) per favorirne la biodisponibilità. Lo studio è in fase avanzata: è stato completato l'arruolamento dei pazienti e a breve si avranno i risultati che confermino l'efficacia del Realsil nel contrastare la progressione di steatosi in steatoepatite e fibrosi. Di fegato si parla per quattro giorni a Copenhagen, in Danimarca, dove gli epatologi europei sono riuniti al congresso European association for the study of the liver. "La steatosi - spiega il direttore medico Carlo di Manzano - può essere solo il primo passo verso una steatoepatite, infiammazione che rende più sensibili le cellule epatiche, gli epatociti, alla morte cellulare programmata (apoptosi) e alla necrosi. Di conseguenza anche alla cirrosi (che colpisce il 3% della popolazione) che assieme al carcinoma epatico ogni anno miete circa 50mila vittime". "Dobbiamo aspettare solo i risultati dell'analisi statistica - ha proseguito di Manzano - ma siamo molto fiduciosi. Lo studio ha valutato l'efficacia di Realsil (Ibi Lorenzini), costituito dall'associazione di silibina estratta dal cardo mariano, fosfolipidi e vitamina E, nel migliorare il danno epatico in pazienti con fegato grasso non alcolico in presenza o meno di infezione da HCV". La silibina, sostanza naturale derivata dal cardo mariano e utilizzata anche come antidoto nell'avvelenamento da Amanita phalloides, ha potenti proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antifibrotiche. La sua associazione con fosfolipidi, tra cui la fosfatidilcolina, ha permesso di "fare un enorme passo avanti nella biodisponibilità del principio attivo". 
 
fonte: wallstreetitalia.com

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