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Malattie epatiche, in aumento quelle legate al consumo di alcol

Raddoppiare il numero di donatori di rene entro pochi anni e portare le malattie epatiche all'ordine del giorno dell'Unione europea. Sono questi alcuni obiettivi del 43esimo meeting dell'Associazione europea per lo studio delle malattie del fegato (Easl), che si è appena concluso al "Fieramilano city".

"L'Italia, insieme alla Spagna, è il paese europeo con il maggior numero di donatori, ma la situazione è quasi ferma nel nord Europa da almeno dieci anni - spiega a Panorama.it il prof. Antonio Craxì, dell'Università di Palermo. "Dobbiamo necessariamente aprire nuove strade, andando a fare studi sia sul donatore, dal momento che l'età media si sta alzando e si rischia di avere una qualità di reni peggiore nel tempo, sia sul ricevente, aprendo alle nuove frontiere dei farmaci antivirali, che ancora necessitano di ulteriori trials clinici".

L'epatite virale è la causa più frequente di malattia epatica. Si calcola che oltre dieci milioni di persone in Europa ne siano affette (ma si arriva a 29 milioni di pazienti per malattie epatiche in generale) e si prevede che l'incidenza di tumori epatici nel nostro continente possa aumentare del 200 per cento fra il 2008 e il 2015. Il tasso di mortalità per malattie epatiche croniche era stimato a 14,3 su 100 mila persone nel 2005: questo le rende la quinta causa più diffusa di morte in Europa. Ogni anno il solo carcinoma epatico porta a 40 mila nuove vittime e l'abuso di sostanze alcoliche uccide oltre 13 mila persone.

"L'Unione europea deve incoraggiare la ricerca sulle epatopatie, assegnando fondi per promuovere lo scambio di conoscenze tra le comunità scientifiche coinvolte nello studio del fegato e includendo l'epatopatia fra le priorità della ricerca nell'ambito del settimo programma quadro 2007-2013 - aggiunge Jean Michel Pawlotsky, segretario generale della Easl - E' fondamentale anche la lotta contro il consumo di alcol, raccogliendo nuovi dati e promuovendo programmi di educazione sugli effetti dannosi delle bevande alcoliche sul fegato".

Dal meeting è emerso che la steatosi epatica non alcolica (denominata Nafld, leggi la scheda in pdf) e la sua forma più grave, la steatoepatite non alcolica (Nash), sono associate a un rischio di sviluppo di sindrome metabolica (combinazione di fattori di rischio, fra cui un alta concentrazione di grassi nel sangue, l'obesità addominale e la predisposizione al diabete), e quindi di patologie cardiovascolari. La Nafld evolve in Nash nel 15-25 per cento dei casi ed è associata al rischio di sviluppo della cirrosi epatica e delle relative complicazioni incluso il tumore. La cirrosi associata alla Nash è una delle più frequenti indicazioni per il trapianto di fegato.

"Lo studio Dionysos condotto nell'Italia del nord ha dimostrato che il 4 per cento della popolazione è affetto da epatopatia alcolica, che è la seconda causa principale di trapianto del fegato dopo il virus dell'epatite C" spiega a Panorama.it il prof. Fabio Marra del Dipartimento di medicina interna dell'Università di Firenze "Rispetto a qualche anno fa, però, ci sono nuove scoperte e nuove molecole che hanno ridotto di molto le epatiti virali. Da qui a 20 anni vedremo se ci sarà un'onda lunga di tumori che ancora non si sono sviluppati, ma le aspettative sono molto più rosee rispetto al passato. Dobbiamo mostrare grande attenzione agli adolescenti perché i pediatri ci dicono che sono sono più soggetti a steatosi e il loro consumo di alcol sta aumentando". Poi una nota di merito all'Italia.

"L'eccellenza italiana nell'epatologia è riconosciuta in tutto il mondo e abbiamo relatori in moltissimi convegni internazionali - conclude Marra - I nostri centri sul fegato, da quello di Firenze, a Milano, Roma e Palermo, sono all'avanguardia mondiale anche in termini di ricerca di base. Certo, con maggiori fondi il nostro lavoro sarebbe ancor più gratificato e avremmo la possibilità di completare molti studi clinici sulle epatopatie".

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